Nel settembre del 1961, a Roma, divampa la love story tra Richard Burton ed Elizabeth Taylor

Cleopatra, è una leggenda della Hollywood sul Tevere. Segnato da spese eccessive, fughe, love story, malattie.
Il set del kolossal Cleopatra, fece da cornice ad una delle passioni più sfrenate e tumultuose che la stampa abbia mai raccontato, quello fra la bellissima, plurimaritata ex diva prodigio Elisabeth Taylor e l’emergente, irruente attore gallese del prestigioso repertorio shakespeariano, Richard Burton.
Stregati su un faraonico set nella Hollywood sul Tevere dei primi anni Sessanta, quella seconda Hollywood che nasceva contemporaneamente alla crisi della prima, proponendo un particolarissimo folklore in cui si mescolavano un americanismo in tunica e un’italianità sedotta dal dio denaro, Marcantonio e Cleopatra si innamorarono, si sposarono, trionfarono al botteghino, litigarono, si lasciarono per poi risposarsi clamorosamente. Dieci anni di passione e litigi, ebbrezza e alcol, successi ed eccessi.
Non meraviglia che una delle frasi che pronuncia più spesso, Burton, sia: «Ho presentato a Elizabeth la birra; lei ha presentato a me Bulgari». Ma soprattutto scrive biglietti e lettere a colei che definisce “un’amante selvaggia, timida e spiritosa, bella al di là di qualsivoglia sogno di pornografia, che tollera i miei limiti e le mie ubriacature”. Lo fa mentre lei dorme o quando è lontana. Come quella datata 10 maggio 1969 che dice: “Ti amo più di un secchiello di ghiaccio gettato su un corpo bollente, di gelato che cola su labbra riarse, del buon senso che addolcisce la pazzia”. La chiama “bimba addormentata”, le dice quanto adori stare solo con lei la notte a ridere come ragazzini, a parlare di libri, poesia e sogni a occhi aperti. Con lei che lui definisce ”Una grandiosa forza della natura, come le cascate del Niagara o le Alpi”.
Ma l’idillio, l’incanto di una vita di eccessi, punteggiata di parole dolci, di poesie sussurrate e lenzuola disfatte, deve fare i conti con una realtà molto più fredda e cruda.

IL set
Si conoscevano già, ma è tra i gessi e le cartapeste degli artigiani della Hollywood sul Tevere che la diva con gli occhi viola capisce di aver trovato nell’attore gallese con la faccia da gattone, l’uomo della sua vita. “Richard mi si avvicinò e mi sussurrò: Sei troppo grassa, ma te l’hanno mai detto che sei una bellissima ragazza?”, una di quelle frasi che mettono subito di buonumore una donna. Liz ha trent’anni ma è già al quarto marito, il crooner Eddie Fisher, rubato all’amica DEbby Reynolds. Gli uomini li conosce. Forse ha voglia di dargli un cazzotto, (come scrive Flaiano, “I grandi amori si annunciano in modo preciso, appena la vedi dici: chi è questa stronza?”). Ecco, forse lo pensa del bellimbusto ma non prova neanche a resistere. “Pensai”, confidò a un’amica, “ecco il solito attore intellettuale che prova a incantarmi. Ma poi vidi che le sue mani tremavano, mi fece tenerezza. Era umano”. Le donne, romantiche inguaribili; magari erano i tremori causati dall’abuso di alcol, ma che importa.
Burton è umano, umanissimo, fascinoso, sposatissimo con Sybill Williams dalla quale aveva avuto due figli, ma è un uomo appunto, e Liz una Venere tascabile irresistibile. Nel kolossal kitsch di Mankievicz, dovevano recitare la parte di due amanti e s’innamorarono davvero. Leggenda vuole che i primi ad accorgersene siano stati i tecnici, vecchie volpi del set: il bacio in una scena era durato un bel po’.
Si amarono tutta la vita, Liz e Richard, ma nella Roma assolata degli anni Sessanta, con le macchine cabriolet che sfrecciano veloci, la villa sull’Appia antica a disposizione, la storia del secolo condita di sesso, diamanti come gocce di lampadario, smeraldi grandi come caramelle di menta, alcol e liti furibonde, vive i suoi giorni più intensi. I paparazzi hanno un bel da fare per inseguire la coppia d’oro; le foto fanno il giro del mondo. Il povero Fisher apprende dai giornali che il suo matrimonio con la Taylor sta andando in pezzi.

Liz lo ha ripetuto in ogni occasione. “Richard è stato il più grande amore della mia vita. Ho sempre pensato che ci saremmo sposati per la terza e ultima volta. Ci siamo amati disperatamente”. Si sposano la prima volta nel 1964, il matrimonio naufragò nel 1974. Si ripromisero amore eterno “sì”, un anno dopo: l’unione sarebbe destinata a durare solo pochi mesi.

Burton in vent’anni ha scritto alla donna che ha segnato la sua vita (“Liz è la mia perenne notte in piedi”) lettere appassionate. “Certamente sai quanto ti amo, certamente sai quanto male ti faccio. Ma il fatto fondamentale, più cattivo, ingiusto, criminoso e innegabile, è che noi non ci comprendiamo mai… viaggiamo su diverse lunghezze d’onda. Tu sei più distante di Venere – il pianeta intendo – e io sono totalmente sordo alla musica delle sfere celesti. Ma una cosa è innegabile. Ti amo e ti amerò per sempre. Torna da me prima che puoi”. Ma quando si ritrovavano, erano destinati a lasciarsi. Mai lontani, né troppo vicini. Difficile trovare la giusta distanza per un amore così.

 

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