L’appellativo di Divina dà la misura di ciò che ha rappresentato nel panorama musicale del Novecento. Considerata la più grande cantante lirica di tutti i tempi, ha conquistato i teatri di tutto il mondo con la sua voce inimitabile e la forza drammatica dei personaggi portati in scena.
Nata a New York e morta a Parigi nel 1977, all’anagrafe risultava come Maria Anna Sophie Cecilia Kalogeropoulos. Divenne celebre nel 1948 dopo aver cantato a Firenze la Norma di Bellini, in particolare l’aria Casta Diva che divenne il suo cavallo di battaglia.
Prima del fastoso matrimonio con l’ex first lady americana, celebrato sulla sua isola privata, Skorpios, in una piovigginosa domenica di settembre, Aristotele Onassiss, aveva avuto un’intensa e complessa relazione con la più acclamata soprano del secondo dopoguerra, o forse del secolo, Maria Callas.
Una relazione che la stampa fin dal primo momento seguì con particolare attenzione per via del prestigio delle due personalità.
L’incontro tra i due avvenne ad un ballo che la Maxwell, la giornalista pettegola meglio conosciuta come la vipera di Hollywood, organizzò nel 1957, a Venezia, in onore del soprano. Una gala simile a molti altri ma che era destinato ad entrare nella storia dei due protagonisti. Non ci fu un colpo di fulmine ma Onassis non rinunciò ad essere galante: “Si inchinò, ricorderà la Callas, mi baciò la mano e mi disse nella nostra lingua: signora Callas, lei è davvero la dea greca che immaginavo, dalla testa ai piedi. Sono onorato di poterla rivedere” .
Lo incontrò tre mesi più tardi a Parigi, in una serata mondana ma ancora più solenne: un concerto di beneficenza al teatro dell’Opera dove il soprano ricevette dal presidente della Repubblica René Coty la Legione d’Onore. Cantò arie dalla Norma, il suo cavallo di battaglia, dal Trovatore, dal Barbiere di Siviglia e tutto il secondo atto della Tosca. Una serata trionfale, trasmessa in diretta televisiva in nove Paesi europei. Il duca di Windsor, l’ex re della Gran Bretagna che aveva abdicato per amore, l’Aga Khan, i Rothscild, e poi Jean Cocteau e Charlie Chaplin, Françoise Sagan e Juliette Gréco, Michèle Morgan, Gérard Philip, Brigitte Bardot, erano tutti in piedi ad applaudirla e a osannarla. Fra loro c’era anche Aristotele Onassis, che non amava la lirica ma apprezzava la mondanità, vetrina del potere, e restò impressionato dall’apoteosi della cantante. Fu quella sera, sostennero i suoi biografi, che Aristotele Onassis, abituato a prendersi tutto ciò che gli piaceva, decise di intraprendere un spietato e serrato corteggiamento.
Quando nella primavera successiva la incontrò ad ballo organizzato in suo onore a Milano, da Wally Toscanini, approfittò della circostanza per invitare lei e il marito Giovan Battista Meneghini, industriale di laterizi e melomane, sul Christina per una lunga crociera estiva in Grecia e in Turchia.
Dopo molte titubanze la Callas accettò grazie alle insistenze del marito. A fine luglio il famoso yacht, su cui ogni estate viaggiavano girovagando per l’Egeo divi del cinema, magnati del petrolio e dell’industria, personaggi famosi come Ava Gardner, Cary Grant, l’ex re d’Egitto Faruk, Greta Garbo e tanti altri, levò l’ancora da Montecarlo. Oltre ai Meneghini-Callas, vi erano Tina Livanos moglie dell’armatore, Winston Churchill con moglie, segretario, gabbia con canarini, medico personale e figlia, e la coppia Agnelli.
“La crociera durò tre settimane: una sosta al golfo di Corinto, a Izmir sui Dardanelli, con visita a quella città luogo natale di Onassis, una fermata a Istambul da dove provenivano gli avi della Callas per parte di madre.”
Sera dopo sera Onassis e la Callas rimanevano alzati fino tardi a chiacchierare sul ponte. Parlavano smarrendo il senso del tempo, calamitati, e scoprirono di essere uguali: uno si specchiava nell’altra, entrambi partiti dal nulla, entrambi spronati da una volontà di ferro, erano divenuti “i due greci più famosi del mondo”, proprio come li aveva definiti Elsa Maxwell, “due vincenti, due fenomeni, due mostri”.
L’intesa era nata! La stessa Callas confiderà molti anni dopo a un intervistatore: “A Monte Carlo rimasi molto impressionata dal fascino di Onassis, ma soprattutto dalla sua vigorosa personalità e dal suo modo di catturare l’attenzione generale. Non era soltanto pieno di vita: era un fonte di vita. Anche prima di aver l’occasione di parlargli da sola, cominciai a sentirmi stranamente rilassata. Avevo trovato un amico come non ne avevo avuti mai; un amico di cui avevo un urgente bisogno.”
Si è raccontato tutto quello che si poteva immaginare di quella crociera, dei battibecchi, delle risate in altomare, del mal di mare di Meneghini, delle passeggiate a dorso di mulo, delle fughe e dei ritorni, dei regolamenti dei conti. Quando i Meneghini sbarcarono a Monaco anche gli altri ospiti lasciarono il Christina. La crociera era finita.
Giornali e giornalisti, fotografie e inseguimenti, il marito l’amate, testimoni, confessioni o ritrattazioni, incontri segreti, abbandoni del tetto coniugale, decisioni e dichiarazioni, tutto grazie alla stampa sembrò avvenire sotto gli occhi di tutti.
“Ari e io, confessò la Callas al marito, siamo stati presi in questo vortice del destino e non siamo in grado di ribellarci. Non abbiamo fatto niente di male”. Quando nei giorni dopo la crociera Onassis si presentò nella villa di Sirmione a discutere con il rivale, Meneghini annotò che gli “sembrava di parlare con due innamorati di vent’anni”.
In realtà Maria ne aveva 36, Aristotele 52. Più innamorati e inseparabili che mai, i due, decisero di avere un figlio, che il soprano diede alla luce nel marzo del ’60. Un parto difficile, ma il neonato il giorno stesso morì per complicazioni respiratorie. Per la Callas fu una tragedia ma anche Onassis ne provò un gran dolore. La perdita del bambino sembrò unirli ancora di più. “Nella mia vita, confidò un giorno alla sorella dell’armatore, tutti si sono serviti di me. Aristo è la sola persona che non prende niente da me; al contrario mi da tutto. Qualunque cosa gli chieda”. Ma anche lei gli dava tutto.
Superato lo shock, elaborato il lutto più devastante della sua esistenza, la Callas si tuffò a capofitto nella sua nuova vita al fianco di Onassis. Una vita fastosa e frastornata, fitta di appuntamenti mondani, balli, viaggi, crociere, ricevimenti. Vi si gettò con gioia e con avidità, lasciando slittare in secondo piano, il canto, evaporare la magia della voce.
“La musica è il modo supremo per dire le cose, ma non è il solo modo”, affermò più tardi. E paradossalmente il suo mito mediatico tanto più lievitava e cresceva in tutto il mondo, quanto più lei taceva. O meglio: non cantava. Ad Onassis la lirica non interessava, anzi la trovava molto noiosa. La Callas ne era felice. Finalmente un uomo che la amava per quello che era e non per il prodigio della sua voce.
La critica cominciò a essere sempre più critica e sulla stampa apparvero i primi giudizi impietosi. “Ma la soprano era innamorata e solo questo, o questo più di qualunque altra cosa, per lei contava. Vicino ad Ari era una donna felice, e lo sarebbe stata ancor di più se il loro bambino non fosse morto.” Per la Callas cominciarono nove anni di passione e di tempesta, di frenesia amorosa, di esaltazione e di furore, tutti coi toni del melodramma. La vita accanto all’uomo più ricco del mondo non fu poi così dorata. Più lei si mostrava debole e innamorata più lui infieriva. Onassis aveva continui sbalzi d’umore: sapeva essere tenero ma subito dopo rude, duro, volgare, sapeva maltrattarla davanti agli altri, prima nella loro lingua, poi in inglese affinché tutti capissero. La offendeva, la umiliava nel corso di scenate memorabili, la insultava fino ad essere oltraggioso.
Lei confido più tardi: “Sono la sua schiava, non posso farci niente.
Aspettava che Onassis le chiedesse di sposarla, anche se non sarebbe stato facile ottenere il divorzio da Meneghini. E non solo per riluttanza del marito a concederglielo, ma anche perché la legge italiana sanciva l’indissolubilità del legame coniugale. Ma la Callas era greca e ciò l’avrebbe favorita: una scappatoia l’avrebbe trovata.
Onassis, a differenza di lei, era di tutt’altro avviso. Forse temeva di alienarsi i figli, che ora vivevano con la madre; forse, volubile e libertino com’era, la luna di miele per lui era finita. Più verosimilmente, perché un’altra donna era entrata, o stava entrando, nella sua turbinosa esistenza. Questa donna non era una donna qualunque.
Il matrimonio fra Onassis e Jacqueline Kennedy, rimase e rimane tutt’ora un enigma. Nessuno dei due era innamorato, entrambi erano certi di fare un grande affare: lei a cui piaceva la bella vita, avrebbe sicuramente posto fine ai suoi debiti, per lui, invece, avere al fianco, ora che l’artista Callas si avviava al tramonto, la più famosa vedova d’America, rappresentava un nuovo exploit mondano, un’ennesima conquista sociale.
Maria se l’aspettava, ma fino a quel giorno s’era illusa che, all’ultimo momento, succedesse qualcosa o intervenisse qualcuno e il matrimonio non si celebrasse. “L’avvenimento provocò alla Callas un dolore profondo, inguaribile perché inferto a quei sentimenti che aveva sempre considerati sacri: amore e dignità”.
Quando ne ebbe notizia, spiritosamente, ma con infinita amarezza, commentò: “La signora Kennedy ha fatto bene a dare un nonno ai suoi bambini”. Più tardi aggiunse: “E’ soltanto un collezionista di donne famose. L’unico modo per potere collezionare anche lei era sposarla”.
Quando, poche settimane dopo il matrimonio, Onassis tornò a cercarla, lo mise alla porta, lo insultò, lo chiamò “Mercante d’arance”. Ma alla fine si lasciò convincere. Fino alla sua prossima sparizione.
Si rividero spesso, ma poi la malattia di lui, li allontanò ancora di più. Alla sua morte con la voce incrinata dal pianto, il soprano farfugliò: “Ora tutto è finito”.
Ed era davvero finito. Si chiuse ancor più in se stessa e iniziò ad attendere la morte: attendeva anche lei che Atropo con le sue cesoie le recidesse il filo della vita, più sottile da quando l’uomo che aveva tanto amato, il solo forse, che aveva amato davvero, l’aveva lasciata.
Morì da sola, ad annientarla era stata l’angoscia, lo sconforto del tradimento, quella sua depressione che la condusse gradualmente ad abbandonarsi all’inerzia e alla tenebra.
“Nella sua vita tutto richiama la tragedia greca, scrisse il Washington Post. La Callas come novella Medea. Onassis nel ruolo di Giasone. Storie di vita e di morte. Euripide non avrebbe potuto scrivere meglio”.
Attorno a lei, iniziò ad aleggiare la magica immobilità del mito. Disse all’apice della gloria: “La morte non esiste. Esiste solo la vita, e io non morirò mai”.