Carlo Verdone: «Quel periodo in bianco e nero»

Carlo Verdone così non l’avevamo mai visto. Neonato, in braccio alla madre Rossana, che lo stringe forte. Lo scatto, condiviso dall’attore su Facebook, racconta un periodo lontano in bianco e nero, «il più bello del nostro Paese», lo definisce Verdone, perché «Tutti i volti di quegli anni avevano dignità, espressioni serene, pacate, signorilità».

Una foto che ispira tenerezza, e ricordi. «Per un anno ho distrutto l’armonia della casa», svela l’attore, che da piccolo non ne voleva sapere di addormentarsi. A calmarlo fu una tata, Angelica, complici le lucine intermittenti dell’albero di Natale: sul piccolo Carlo Gregorio avevano un effetto rilassante.

Lui, però, a cinque anni, la ricambiò con una bastonata. «Ritengo che volessi imitare Pulcinella che prende a bastonate la Morte nel teatrino dei burattini del Gianicolo, teatrino che tanto amavo». La tata non se la prese più di tanto. La recitazione, forse, faceva già parte di lui.

Ecco tutta la didascalia tenera apparsa su facebook

In braccio a mia madre Rossana.
Nacqui con il nome di Carlo Gregorio in questa stanza che allora era la camera da letto dei miei genitori.
Mia madre si affidò ad una levatrice, la signora Pazzaglini, famosa in quegli anni per essere la più esperta fra tutte: aveva un cappello largo, come Mafalda di Savoia. E un viso ottocentesco che sembrava uscita da un quadro di Silvestro Lega.

Il primo mese passò discretamente per i miei genitori.
Ma dal secondo mese iniziai a non dormire e a piangere in continuazione se mi mettevano al buio o nella penombra.
Mia madre nei mesi successivi fu mandata, per esaurimento nervoso, ad Anzio da un suo caro amico.
Mio padre andò a dormire nell’altra parte della casa, nella stanza delle collaboratrici domestiche.
Per un anno ho distrutto l’armonia della casa. Fino a quando una tata, Angelica, scoprì il modo di calmarmi: una serie di lucine colorate dell’albero di Natale accanto al lettino.
Quelle, mi riferirono, furono il mio tranquillante. Ero tanto affezionato a questa vecchia tata di Palestrina.

Ma un giorno, all’età di 5 anni, mentre Angelica passava la cera sul pavimento senza alcun motivo preciso, le andai dietro le spalle e con lo spazzolone le diedi una bastonata spaventosa. Io ritengo che volessi imitare Pulcinella che prende a bastonate la Morte nel teatrino dei burattini del Gianicolo, teatrino che tanto amavo.
Mio padre si tolse la cinta e me le diede di santa ragione. Angelica rimase con la testa fasciata per una settimana.
Non so se fossi un po’ pazzo. Forse qualche rotellina non ce l’avevo a posto.
Ma l’importante è che Angelica mi perdono’. Abbracciandomi forte. E io piansi tanto.
Mi fu proibito di andare a vedere Pulcinella che scatenava in me manifestazioni di emulazione.

Ma questa foto mi fa capire quanto fosse bello quel periodo in bianco e nero. Il più bel periodo del nostro paese.
Tutti i volti di quegli anni avevano dignità, espressioni serene, pacate, signorilità. Mia madre era la donna più amorevole che il destino mi potesse concedere.

Buona serata in bianco e nero a tutti voi.

Carlo Gregorio Verdone

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