«Mi ha stregato, ma è nata in un momento complicato perché c’era ancora qualche difficoltà: l’inizio di un’altra storia, il doverlo fare accettare agli altri figli». Raoul Bova, 45 anni, inizia a raccontarsi da Luna, 14 mesi. A raccontare – ospite de L’Intervista – il suo essere padre, la fine del matrimonio con Chiara Giordano e l’amore di oggi per Rocío Muñoz Morales. Ma anche l’adolescenza, il rapporto con i genitori, la carriera e i periodi bui.
I figli dell’attore, dicevamo, sono tre: Alessandro, 17, e Francesco, 15, nati dal matrimonio con Chiara e l’ultima arrivata Luna, nata dal legame con l’attrice spagnola. E lui li descrive così: «Alessandro ha un mondo dentro di una profondità incredibile, Francesco è di un’allegria incontenibile. E Luna, ogni volta che la guardo, è come se mi dicesse: “Ridi, tutto passa”». La piccola è arrivata poco dopo l’ufficializzazione del rapporto tra lui e Rocìo: «La cosa più bella è poter vivere la nascita di un figlio con gioia e felicità, ma quando sai che allo stesso momento puoi creare un dispiacere, non è bello».
Per questo l’attore è voluto essere il più possibile vicino ai suoi ragazzi: «Quando gli ho detto che sarebbe arrivata Luna gli ho promesso che non li avrei trascurati, loro avevano tanta paura. Per questo la sera che è venuta al mondo sono andato ad accompagnare mio figlio agli allenamenti di calcio». L’amore di un padre, del resto, si può dividere: «Alessandro e Francesco non avranno mai niente di meno rispetto a Luna. Sono in un’età in cui ti contestano tanto, ti fanno la morale. Ma io non posso essere perfetto, sono un essere umano, ho le mie debolezze».
La sua prima passione, invece, è sempre stata il nuoto: «Fin da piccolo sapevo che volevo nuotare, pensavo di diventare un campione». Ma le cose sono andate in modo diverso e oggi Bova a riguardarsi in vasca e a leggere «fallimento» si commuove: «È una parola che mi ha tormentato, me la sono detta per primo, ma crescendo ho capito che aver lasciato il nuoto non è stato davvero un fallimento. Col senno di poi, posso dire che fino a quando mi divertivo ero un campione. Dopo, non ne valeva più la pena».
Lui, ha confessato, voleva vincere solo perché «pensavo di ottenere l’affetto degli amici, dei genitori». Una condizione comune nella sua vita: «Sono stato sempre impegnato a far felice gli altri, a volte per avere la conferma dell’affetto dei miei genitori, perdevo apposta per vedere cosa sarebbe successo».
E qui si arriva al rapporto con papà Giuseppe: «Papà è stato un grande uomo. Da piccolo mi accompagnava agli allenamenti, mi ha sempre spinto a fare di più. Ma quando gli ho detto: “Papà, voglio smettere”, ha risposto: «Va bene, l’importante è che tu faccia qualcosa con tutta la passione che hai». Mamma Rosa, invece, in casa ha sempre portato la spensieratezza: «Mamma, da napoletana, mi ha dato l’allegria. Se papà era “disciplina”, lei era quella che infrangeva le regole. Mi menava col battipanni, ma è sempre stata al mio fianco e lo è ancora».
Il capitolo Chiara Giordano è ancora fresco, ma Bova non rinuncia a parlarne: «Non ho paura a dire di lei perché è stata la donna con cui ho fatto i miei figli, è una persona di grande sensibilità, intelligenza ed è una madre perfetta. Io sarò sempre il loro padre, lei la loro madre, quindi ci sarà sempre un legame che non si può sciogliere: l’essere genitori. Perché «il concetto di padre resta indissolubile e assoluto e spero che un giorno se ne convincano anche i miei figli. Voglio che capiscano che adesso che non sono a casa, posso essere molto più presente».
Il primo incontro con Rocìo, 28 anni? È stato a Paros, stavamo girando un film (era il 2011 e il set quello di Immaturi – Il viaggio». La nostra storia, continua, «è sempre stata vista a livello fisico, ma di lei non mi ha attratto solo un sedere», rivela, alludendo a una delle scene più note del film: «La cosa che mi dà più fastidio è essere considerato il classico uomo che lascia la moglie per una più bella, per una più giovane. Ok, Rocìo è giovane, ma in quel momento mi sono sentito attratto dalla persona che è. Ed è una gran bella persona».
Maurizio Costanzo, poi, arriva a parlare di tradimento. Una domanda «scomoda» dopo l’altra: «Hai mai supposto di essere stato tradito?», chiede all’attore. Questa la risposta: «Chi dice di no sbaglia, tutti quanti possiamo essere stati traditi». Ed ecco l’altra, senza giri di parole: «Hai mai tradito?», e qui Raoul ha la sua teoria: «Sono sempre stato fedele fino al punto in cui ho sentito che la mia storia stava finendo. Allora ho preferito non continuare ad avere storie parallele. Il problema non era aver compiuto il gesto, ma il non provare più amore».
E dire basta, conclude, «credo sia il dovere di ogni bravo marito invece di rimanere a casa con la moglie e andare a scopare in giro. Certo, l’affetto resta e molti non se la sentono di lasciare tutto ciò che hanno costruito. L’onestà sta nel guardarsi dentro e andare, anche se hai tutti contro».
Gli ultimi capitoli sono per i momenti bui che l’attore ha attraversato: «Sono nato malinconico. E quand’ero piccolo avevo poca stima in me stesso. L’unico momento tranquillo era in acqua, perché riuscivo a stare da solo. Il rapporto con la solitudine è fondamentale. Oggi da solo, davanti al mare, piango. Se sono in compagnia non riesco». E il rapporto con la terra d’origine, la Calabria, resta forte: «La mia terra è parte del mio sangue. La prima parte della mia vita contiene i momenti migliori. A Roccella Jonica è legato il primo falò, le prime serate, i primi baci».