«Ritorno con il massimo del “furore”». Alessandro Greco proprio non riesce a non giocare con il titolo del programma che lo ha lanciato e che tornerà a condurre dal prossimo 29 marzo in prima serata su Raidue: Furore, appunto. Uno show musicale dove due squadre vip si affrontano in un match all’ultima nota divertendosi a più non posso, con Greco, all’epoca venticinquenne, come arbitro di una gara che ricordiamo spassosissima.
Sono passati vent’anni e, dopo diverse esperienze in tv e in radio (conduce il programma No problem – W l’Italia su Rtl 102.5), è finalmente arrivato il momento di tornare lì dove tutto è iniziato, in una delle operazioni revival più attese dell’anno. «Non parliamo di un’operazione nostalgia, ma solo della voglia di riproporre qualcosa che ancora oggi ha motivo di esistere», spiega il conduttore, pronto a rimettere le mani in pasta e a dedicarsi in tutto e per tutto alla sua «creatura».
Dopo vent’anni ritorna quindi Furore. Dica la verità, non vedeva l’ora?
«Sono orgoglioso che mi abbiano richiamato e, soprattutto, che abbiano finalmente riconosciuto quanto Furore fosse importante per il pubblico. “Ma quando lo rifarete”, “Quando torna”, erano le domande più frequenti che la gente mi faceva fino a ieri: sono contento che questa volta potremo accontentarli».
Lei si è sempre detto disponibile per ricondurlo.
«Certo. Ma, come si dice in questi casi: le feste non si organizzano da soli, purtroppo».
Nel 2012 provarono a riportarlo in onda, ma poi non se ne fece più niente.
«Cinque anni fa, quando condussi la finale del Festival di Castrocaro, l’allora direttore Giancarlo Leone e il capostruttura Antonio Azzalini mi parlarono di quest’idea di riportare in auge programmi storici del passato, come Per tutta la vita, Giochi senza frontiere e, appunto Furore. Dalla rete mi chiamarono per propormelo, ma il progetto sfumò perché c’era chi non credeva nel potenziale di questa operazione. Fu un vero peccato».
Invece a questo giro nessun ripensamento. Come ha reagito quando l’hanno contattata?
«Ero a Roma, anche se qualche mese prima mi ero già incontrato con il direttore Ilaria Dallatana per discutere di altri progetti che, molto probabilmente, si faranno nel prossimo futuro. Ho ricevuto la chiamata di Fabio Di Iorio, il mio ex autore, e, come per i fidanzati, mi ha fatto la dichiarazione. Sono molto contento dell’effetto novità che porteranno Gigi e Ross».
A proposito di Gigi e Ross: in un primo momento si era detto che lo avrebbero condotto loro il programma.
«È ormai da giorni che si sa del mio ritorno ma, ripeto, sono molto contento del loro arrivo. Come sappiamo il ruolo del conduttore di Furore è molto statico, proprio perché non ha la possibilità di interagire fisicamente con gli amici che vengono a giocare. Gigi e Ross si occuperanno di questo aspetto e la ritengo un’idea geniale».
È geloso di Furore?
«La gelosia non mi appartiene come sentimento, ma è ovvio che gli voglia un gran bene. Tutto quello che sono scaturisce da quell’esperienza: è un albero che cresce, dove Furore rappresenta la radice».
Dopo il suo addio, Furore tornò in onda nel 2003 con la conduzione di Daniele Bossari. Come la prese? «Cominciarono ad arrivarmi telefonate da ogni dove: fu assolutamente incomprensibile come operazione perchè programmi come Furore hanno un binomio inscindibile fra il conduttore e lo show. Come potevano dimenticare che io l’avessi condotto per ben cinque edizioni? Si presero un bel rischio e, se non ricordo male, fu chiuso dopo pochissimo tempo».
Che cosa si aspetta da questo ritorno?
«Di divertirmi e di metterci energia ed entusiasmo. Per ora mi fermo qui».
Quando finì Furore, lei dichiarò di sentire molto la mancanza dal video.
«Mi è sempre dispiaciuto di aver lavorato, come si dice, a macchia di leopardo: un conduttore ha bisogno di frequentare il pubblico in maniera più costante rispetto ad altri artisti. È necessario alimentare la convivenza, senza per forza sfociare nella sovraesposizione. Le chiamate che ricevevo erano troppo distanziate l’una dall’altra».
C’è qualcosa di quegli anni che ha fatto e che non rifarebbe?
«Lo dico con grande rispetto: non rifarei La Talpa. Vivevo la totale assenza di una componente artistica con grande disagio e frustrazione ed è inutile dire che, se avessi avuto un programma da condurre, molto probabilmente non avrei mai accettato».
Ricordo che in una puntata le raparono anche i capelli in diretta.
«Fu un vero trauma, anche se gli autori mi raccontarono che quel momento raggiunse il picco d’ascolto. Avevo i capelli lunghi al tempo e, per una prova, accettai di farmeli tagliare da una donna di un villaggio masai: aveva solo una lametta fra le dita e, partendo davanti, me li rapò a zero. Fu un’immagine molto forte sia per me che per il pubblico, che non mi aveva mai visto così».
Torniamo indietro, a prima di Furore. Che cosa rappresentò per lei quell’occasione?
«Quando ho mosso i primi passi in questo mondo ho fatto un po’ di tutto, anche programmi di serie B e serie C. Mi accorgevo che c’era dell’attenzione verso di me da parte degli addetti ai lavori ed erano proprio loro che mi segnalavano le auizioni a cui partecipare. Furore fu uno di questi: mi presentai al provino senza grande convinzione ma, una volta dentro, fu un colpo di fulmine. La meritocrazia fu premiata e non smetterò mai di ringraziare per aver dato tanta fiducia a un venticinquenne semi-sconosciuto che, dall’oggi al domani, si ritrovò in diretta in prima serata su Raidue».
Ha parlato spesso di meritocrazia in questi anni: crede che non ce ne sia abbastanza in tv?
«Non solo in tv, ma nel nostro Paese. Se si attingesse di più con questo criterio, sono sicuro che le cose andrebbero decisamente meglio».