Dalle iniziali dell’ex ai disegni venuti male, dal tribale troppo grande al tattoo fatto insieme a un amico che ora si detesta. Sono solo alcuni dei tatuaggi che in estate si vorrebbero modificare o perfino cancellare. Anche perché in questo periodo sono più visibili. Un pentimento ammesso da quasi 6 tatuati su 10, prima delle ferie estive. In questa stagione il 57% del totale dei tatuati si pente e sogna di eliminare dalla propria pelle un tatuaggio di cui si vergogna, una tendenza internazionale battezzata ‘tattoo – changin g’. In particolare, il 41% dei ‘pentiti’ vuole sostituire il tatuaggio, il 34% lo vuole modificare e il 25% se ne vuole proprio sbarazzare, per fini estetici (38%), vergogna (35%) o per eliminare definitivamente un ricordo da lasciarsi alle spalle (28%).
É quanto emerge da uno studio condotto da Quanta System Observatory effettuato con metodologia Woa (Web Opinion Analysis) su circa 2000 persone tra i 18 e i 60 anni, attraverso un monitoraggio on line sui principali social network, blog, forum e community dedicate. Nella speciale top 10 dei tatuaggi che hanno provocato più pentimenti troviamo sul podio le iniziali degli ex (61%), quelli disegnati male dal tatuatore (45%) e i ‘ricami sulla pelle’ fatti insieme a vecchi amici che ora non si sopportano più (41%). Tra i pentiti ci sono soprattutto le donne (54%), che battono gli uomini (46%), spesso manager e professionisti di 30-40 anni (65%). Così scatta la corsa dal dermatologo. “L’80% della mia attività clinica è rappresentata da pazienti che si sono pentiti del loro tatuaggio – sottolinea il dermatologo Valerio Pedrelli, esperto in rimozione di tatuaggi dello studio medico Ink Removal Milano – Tatuarsi è una moda e, come tutte le mode tende a stancare le persone. Questo sentimento tocca sia gli uomini sia le donne, la differenza è che solitamente lei si pente del soggetto mentre lui delle dimensioni del tatuaggio”.
“Per intervenire sui tatuaggi – spiega Pedrelli – utilizzo il laser ai picosecondi di Quanta System, una tecnologia tutta italiana che permette, grazie a un reale effetto fotoacustico, la frammentazione del pigmento in polvere, una svolta rispetto ai laser di precedente generazione che frammentavano l’inchiostro in granuli. Con questa nuova tecnologia è possibile una più rapida rimozione del pigmento da parte dei macrofagi che lo veicolano al sistema linfatico. In media si va dalle 3 sedute per lo schiarimento alle 7/8 per la rimozione completa”.
I ‘tatuaggi del pentimento’ sono variegati. Completano la speciale top 10 dei più detestati: quelli dallo stile tribale (33%), quelli di grandi dimensioni che risultano troppo evidenti (31%), quelli troppo colorati o con linee troppo marcate (28%), gli stemmi della propria squadra del cuore (25%), quelli ritenuti troppo imbarazzanti, come scritte goliardiche o forme equivoche (22%), quelli che sono caratterizzati da elementi che riportano a ideologie politiche o religiose (17%) e quelli con ideogrammi in cinese o giapponese di cui non si conosce nemmeno il reale significato (15%).
Ma qual è l’identikit del pentito del tatuaggio? E’ donna e ha fra i 30 e i 40 anni (65%), mentre la percentuale scende al 55% tra i 18 e i 29 anni e al 51% tra gli over 40. Nell’elenco ci sono manager (25%), professionisti (22%), impiegati statali (17%), insegnanti (13%), impiegati in generale (12%) e operai (10%). “Statisticamente la scelta di modificare o rimuovere il tattoo arriva attorno ai 35 anni e tocca tutti, dai militari agli studenti – prosegue Pedretti – Circa il 70% dei miei clienti sceglie di ricoprire il proprio tatuaggio, mentre il 30% lo rimuove completamente. Tra quelli che hanno causato più pentimenti nella mia personale esperienza segnalo i tribali, le scritte o le dediche, i nomi di persone care o ex, le composizioni floreali, le correzione di tatuaggi sbavati, quelli troppo colorati, i ritratti, le croci, quelli in cinese o giapponese e i disegni in stile horror”.
“E’ interessante considerare i motivi per cui alcune persone scelgano di toglierseli, fatto che avviene sempre più spesso prima delle vacanze estive – afferma la psicologa Roberta Ganzetti dell’associazione Elice Onlus Milano – La pelle infatti è contemporaneamente organo di separazione-confine da quanto è fuori da noi e luogo privilegiato della comunicazione con gli altri. Farsi un tatuaggio può essere una risposta al bisogno di appartenere ad un gruppo, ma anche a quello di differenziarsi affermando la propria personalità. Alcuni momenti nella vita delle persone sono così significativi che emerge il desiderio di celebrarne l’esistenza e realizzarne la presenza a livello visivo, sulla pelle, quasi ad indossare un’emozione. A prescindere dalle tendenze, cancellare o sostituire un tatuaggio può rappresentare un’ulteriore forma di libertà per molte persone”.
“Un segno stabile sulla pelle – conclude – potrebbe allora non essere più congruente con l’intenzionalità comunicativa originaria. Cancellare un tatuaggio oggi è possibile, così come è possibile elaborare le esperienze della nostra vita, integrandole nella personalità. Cancellare una traccia sulla pelle è una decisione innanzitutto interiore, che oggi è anche realizzabile grazie alla tecnologia laser”.
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