«Verso la metà degli anni Settanta mi sistemai per alcuni mesi al Grand Hotel. Fu un periodo come fuori dal tempo. Non avevo una lira in tasca, ma vivevo come una miliardaria, viziata e coccolata. Per alleviare quella specie di clausura di lusso invitavo spesso a colazione due amici, Alberto Moravia e Goffredo Parise. Erano i miei dioscuri, i miei cavalieri del cielo, Castore e Polluce, miei complici di avventure, miei paladini e più tardi anche miei testimoni di nozze.»
L’autrice de I miei primi quarant’anni scrive una nuova, inedita puntata della sua vita raccontando l’amicizia con due grandi della nostra letteratura, Alberto Moravia e Goffredo Parise. Un’amicizia lunga trent’anni, in cui l’insolito terzetto si frequentava quotidianamente nei luoghi canonici della dolce vita romana, come il Grand Hotel e il bar Rosati a piazza del Popolo, e si scambiava pettegolezzi, racconti e confidenze.
Ne emerge il ritratto di un’epoca irripetibile e di un ambiente, tra mondanità e cultura, in cui ci si divertiva davvero: «A quel tempo a Roma si viveva con niente, si campava di fantasia».
Un libro fittissimo di aneddoti e personaggi, da Gianni Agnelli a Henry Kissinger, da Maria Callas a Liz Taylor, da Pier Paolo Pasolini a Elsa Morante. Ma in primo piano ci sono loro, Moravia e Parise, con le loro abitudini di scrittura ma anche i loro amori, i loro odi, i vizi, i cibi preferiti. Aspetti privatissimi che nessuna biografia ha mai raccontato.
Sposata con il duca Alessandro Lante della Rovere, da cui ha avuto Lucrezia, dopo il divorzio ha sposato il marchese Carlo Ripa di Meana. Ha scritto alcuni libri autobiografici, fra cui I miei primi quarant’anni (Mondadori 1984: ne è stato tratto un film diretto da Carlo Vanzina), La più bella del reame(Sperling & Kupfer 1988, il film è di Cesare Ferrario) e Invecchierò ma con calma (Mondadori 2012, sui suoi settant’anni).
«Un uragano, incontenibile» l’ha definita il marito Carlo Ripa di Meana. Gianni Agnelli la definì «la donna più bella del mondo».
“Non avevo fatto studi particolari, non mi aspettava una carriera brillante. Eppure fin da ragazzina avevo deciso che avrei sposato un nobile, per farmi chiamare eccellenza. Mi sono inventata una vita da favola. Ma non è stato facile. Ho lottato come una tigre. Sempre” (Manila Alfano) [il Giornale 15/11/2012].
“Con mia madre una volta ci siamo prese a padellate. Io e mia sorella Paola abbiamo vissuto molto sole perché mio padre si era ammalato di enfisema polmonare, gli avevano dato pochi anni di vita, e si era trasferito con mia madre al mare. Mi sono sposata giovanissima con Alessandro Lante della Rovere. Beveva, si ubriacava, picchiava. Fu cacciato di casa dai miei e io rimasi sola. Cominciai a lavorare nella moda. Con questo lavoro ho cresciuto Lucrezia. Non ero una madre presente affettivamente, è vero, avevo una vita da giovane scapestrata. Mica ho fatto la santarella, ne ho fatte di tutti i colori. Mia figlia non ha mai visto nulla. Ero sola, ero libera, non facevo la monaca, ero bella, ho avuto sfilze di amanti. C’era un andazzo di uomini continuo”.(da un’intervista diClaudio Sabelli Fioretti).
Come tutte le “bellissime” ha vissuto al cospetto degli straricchi e dei potenti, ma a lei piacciono innanzitutto gli irregolari, e questi irregolari sono stati di volta in volta il pittore Franco Angeli, il giornalista Lino Jannuzzi. (Giampiero Mughini)
Frequenta gli ambienti altolocati della nobiltà capitolina, le cui vicende in quegli anni si intrecciano con quelle raccontate ne La dolce vita di Federico Fellini.
«Rivedo Giorgio De Chirico mentre con il suo passo affaticato quasi si poggia alla Barcaccia, e procede verso casa, dopo essere uscito dal Caffé Greco, dove occupava sempre il primo tavolo a sinistra, burbero e pacioso. Per strada non c’era tutta la gente di oggi». Ecco Parise, «che accompagnavo a compare le giacche da Battistoni: Goffredo ne storpiava il cognome, ma con bonomia». E Moravia: «Si stava separando dalla Maraini. Lei aveva diviso con un muro l’appartamento di Lungotevere dei Mellini. Gli proposi di venire con me a Venezia alla Biennale. Alberto rispose: “No, lassù è troppo umido”. Poi si convinse. L’autista sbagliò strada e finimmo a Milano. Moravia era un po’ tirato, con me amava comprare le cravatte, ma solo nei negozietti».
Diventa amica di Pasolini, è vicina agli artisti della Scuola di Piazza del Popolo, conosce Mario Schifano, Tano Festa e diventa l’amante di Franco Angeli.
“Per Franco Angeli, mi sono dovuta prostituire per procurargli la droga. Per cinque milioni di lire. Per lui, avevo davvero perso la testa”.
«Quando passo per via dei Prefetti alzo gli occhi e guardo il suo studio, la nostra soffitta di bohéme. Lui era una specie di dottor Jekyll e Mr. Hyde. Capace di slanci di immensa generosità e subito dopo malmostoso, aggressivo. Ma ero soggiogata dal suo fascino: mi capiva con uno sguardo. Quando gli mancava la droga lo vedevo scarnificarsi con le unghie e rotolarsi per terra. Una scena aberrante.. Angeli era votato a consumare l’esistenza. Sosteneva che non si potesse invecchiare: “A una certa età è tutto molto duro, e diventi cinico”
La loro fu una passione travolgente che andò avanti per 8 anni, fino a quando Angeli toccò il fondo e in preda all’ennesima crisi di astinenza chiese una dose di eroina alla figlia di Marina. Da lì l’addio tra i due e la distruzione definitiva di Franco Angeli che nell’88 morì di Aids.
Intraprende una serie di relazioni sentimentali, non ultima quella con il giornalista Lino Jannuzzi, di cui dà conto nel suo best seller I miei primi quarant’anni. Iannuzzi in un’intervista ha definito poi in “fregnacce” le scenate al Grand Hotel, tra paralumi buttati in strada e il corpo di madame avvolto in fiori e banconote.
Immediata la risposta di Marina: “È molto elegante da parte sua. Del resto è un uomo sposato, ha una sua discrezione. Altri avrebbero convocato una conferenza stampa per spifferare i particolari. Comunque, la nostra storia fu vera. Anche se un po’ colorata nel racconto”.
Ma l’amore di tutta una vita è Carlo, «che a ottant’anni è esuberante e lucido come un ragazzo». Per convincerlo a sposarla, però, Marina dovette minacciarlo. «Avevamo già fatto le pubblicazioni ma lui non si decideva. In barca in Sardegna, mulinai un remo e gli impartii un ultimatum. Tre mesi dopo, il 30 ottobre ’81, eravamo marito e moglie».
Testimoni della sposa erano Alberto Moravia e Goffredo Parise, testimone dello sposo il leader socialista Bettino Craxi. (Stefano Mannucci il Tempo).
Scampata due volte al cancro grazie a una diagnosi precoce, si batte da anni affinché sia assicurato a tutti l’accesso agli strumenti di prevenzione (Pet total body ad alta definizione ecc.). Nel 2008, a 66 anni, ha posato senza veli per un calendario benefico a sostegno dell’Associazione per la lotta contro i tumori. Attivissima anche contro le pellicce (nel 1998 a una prima della Scala si tolse il cappotto in piazza e rimase completamente nuda: sul seno la scritta «no fur»).
Nel 2011, al Festival di Spoleto, lanciò un’ampollina con dentro la sua pipì addosso a Vittorio Sgarbi: «Precisiamo: quella non era pipì, ma “piscia d’artista”». Il motivo: «Sgarbi ha censurato dalla Biennale di Venezia un artista che aveva presentato una foto che immortalava insieme a me, mio marito e Alberto Moravia», dicendo «che io, mio marito e Moravia siamo tre rincoglioniti» (da un’intervista a Nino Materi).
Ha un rapporto conflittuale con la figlia Lucrezia: «Con mia figlia c’è sempre stato molto antagonismo. Io credo di essere stata più un padre per lei che una madre. Fino ai suoi 40 anni questo nostro rapporto è stato un disastro. Oggi è migliorato»