Buon compleanno Silvana Pampanini

 

Negli anni ‘50 era stata tra i simboli della bellezza italiana. Aveva recitato con Alberto Sordi, Totò e Marcello Mastroianni. La diva del dopoguerra, la soubrette del cinema italiano, la bellezza in bicicletta, la «cotta» di Totò. Scomparsa lo scorso gennaio, fino all’ultimo dicono sia stata diva e divina, togliendosi 5 anni netti anche davanti ai medici. Magnifica. Lei si preoccupava dell’età, si truccava, usava la parrucca, rimediava col kitch.

È stata senza dubbio la prima e più popolare tra le maggiorate, famosa in Francia dove la chiamavano Ninì Pampam e in Giappone, dove l’imperatore Hirohito le regalò una bambola, un samurai e cinque kimono anche se lamentava l’uso del crisantemo come omaggio floreale allestito proprio a coroncina non a mazzo, quindi tra i debiti scongiuri e le urla di «Pampalini, Pampalini». Fu molto bella, alta 1.74, vistosa, sensuale e combattiva fin da quella sera del 1946 in cui fu superata per pochi voti a Miss Italia da Rossana Martini ma a furor di popolo, nel suo chiffon blu rosa, si prese una rivincita morale e l’ex aequo. Da allora tutti la volevano, era un lato del famoso sogno del dopo guerra, aprì la strada delle Miss alla Lollo, alla Mangano, a Sofia, che aveva il piacere di annoverare spesso tra le comparse dei suoi primi film.

Al contrario di loro, non ebbe mariti produttori, era accompagnata dal padre ex tipografo che diventò il suo agente. Nel ‘51 è l’attrice più pagata e richiesta, si permette di rifiutare Hollywood. Anche le richieste di matrimonio fioccano: ho avuto più spasimanti che mal di testa, diceva. E aggiungeva di non badare al censo e che l’unico vero amore, anonimo, morì un mese prima delle nozze. Però, guarda caso, i flirt sono con Jimenez presidente venezuelano, Faruk d’Egitto, Fidel Castro, che poi passò alla Lollo, oltre ai soliti molesti colleghi, Tyrone Power, Orson Welles, Ormar Sharif, William Holden. E Totò, che sul set del best seller «47 morto che parla», spasimava per lei, regalava mazzolini di fiori, «quelli col centrino di pizzo sotto», profumi e cioccolatini anche se Malafemmina non la scrisse per Silvana ma per la prima moglie, testimone la SIAE.

Aveva delle gambe meravigliose che fecero innamorare gli italiani quando lei aveva la bocca grondante rossetto nei fotoromanzi e pedalava meglio di Coppi con Delia Scala cantando la famosa canzoncina «ma dove vai bellezza in bicicletta….», regìa di Campogalliani. Un film che fece epoca, costò 250 milioni e incassò un miliardo e mezzo: «Ma che dolore quel sellino, eravamo tutte sderenate quando scendevamo

Una carriera frou frou con “La presidentessa” di Germi, storie dove era spesso ballerina o aspirante tale, come nel successone di Mattoli ispirato al teatro di rivista I Pompieri di Viggiù, mentre il massimo coraggio in Un giorno in pretura fu di farsi invecchiare 30 anni. Nel lungo elenco di titoli arriva poi con i 40 anni alle donne più borghesi di Racconti romani di Franciolini o la cassiera di La bella di Roma di Comencini, con l’amico Alberto Sordi che poi la ospiterà nel suo taxi nel ruolo di se stessa, alla pari a Fellini e Andreotti. Ci furono anche i registi che credettero nella Pampanini attrice drammatica, neo realista: De Santis in Un marito per Anna Zaccheo e poi nel realismo socialista della Strada lunga un anno e Zampa in Processo alla città, dramma sociale di camorra. Ma la definizione di soubrette le calza a pennello: nell’epoca in cui i comici venivano dal varietà, lei lavora con Dapporto, Chiari, Totò, Scotti, Rascel, fu partner di Gabin e Aumont. Nel ‘53 nell’Incantevole nemica di Gora, dove Carlo Campanini è ossessionato dal comunismo, è al fianco del 58enne Buster Keaton, star di uno sketch, che le ispirava tenerezza e tristezza. Era devota a Padre Pio, a Sant’Antonio da Padova (un film di Francisci gli è intestato) e a se stessa e al suo mito, cercando occasioni di presenza: nel 2007 partecipa alla festa dei 70 anni di Cinecittà, l’anno dopo litiga con Veltroni che non l’ha invitata alla Festa di Roma, sbeffeggia la Lollo che dicono sposi un giovanotto e nel 2009 va alla Mostra di Venezia per il restaurato Noi cannibali di Leonviola, ’53, melò tra i baraccati del porto di Civitavecchia. Si stimava, diresse un documentario su Verdi e nel libro di memorie Scandalosamente per bene si paragona alla Garbo e dialoga pari merito con Prevert, Neruda, Garcia Lorca. Insomma un nome che aveva deciso di far restare a lungo e che, sebbene per errore, ha già una strada a Roma, intestata con sbaglio preveggente.

Silvana Pampanini. ANSA / UFFICIO STAMPA ARCHIVIO LUCE +++NO SALES - EDITORIAL USE ONLY+++ DA USARE SOLO PER NOTIZIE RELATIVE A ''IL GIOCO DEGLI SPECCHI''+++

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