Karma. Chi altri, mai, avrebbe potuto restituire a Mel Gibson quel po’ di lustro che merita? Costringendo l’industria, un tempo sua detrattrice, a congiungere le mani in una preghiera che ha le stigma della rivincita. La Warner Bros., nelle cui orecchie ancora risuona il chiacchierato flop di Suicide Squad, pare si sia prostrata ai piedi di Gibson, supplicandolo di farsi carico del franchise. David Ayer, che al primo capitolo ha apposto la firma, ha dato forfait per dedicarsi ad altro. Ad una storia di supereroi: un kolossal della Dc Comics chiamato Gotham City Sirens. Di Suicide Squad 2, e delle sorti dei cattivi Dc, se n’è infischiato, lasciando vacante il posto che la Warner vorrebbe appioppare a Gibson.
L’attore, convertitosi a regista, ha di che essere corteggiato. Da che La Battaglia di Hacksaw Ridge ha fatto capolino nelle sale internazionali, regalando a Gibson sei nomination agli Oscar, la sua fedina professionale pare essersi ripulita dell’onta chiamata The Passion. Non uno, tra i tromboni hollywoodiani, ha preso a rivangare quel passato fatte di accuse, supposta violenza e bigottismi estremi. Molti, al contrario, hanno preso a incensare Mel Gibson che, a 61 anno, è tornato a veleggiare sulla cresta dell’onda.
Sebbene, come da sua stessa ammissione, la trattativa con la Warner Bros. sia ancorata alla fase del «primo appuntamento», Gibson ha per l’avvenire un gran bel daffare. Da regista, sta lavorando a Resurrection, complesso sequel di The Passion. Da attore, invece, è fresco di ingaggio per Daddy’s Home 2, film nel quale dovrebbe interpretare il padre di Mark Wahlberg.