«I bambini fanno di quelle domande strane… Mio figlio Giulio l’altro giorno mi guarda negli occhi e dal niente dice: “Mamma, perché sei la mia mamma?”; “Perché nessuno ti poteva amare come la tua mamma”, gli ho risposto».
Gabriella Pession, 39 anni, nel rifugio di Cortina dove siamo, si illumina quando attraversa i quattro punti cardinali che ha dentro: il suo mestiere da attrice, tornato a riempirla con la serie Rai La porta rossa; la sua famiglia, formata da Richard Flood, 35, e dal piccolo di casa, 2 e mezzo; la pittura, che la riavvicina a un padre difficile in vita ma che adesso che non c’è più le manca; la madre, per cui ha lasciato Roma e si è trasferita a a Milano.
«La Porta Rossa (storia di una donna che perde il marito, ndr) è concisa con la morte di mio papà. Quindi ho fatto fluire in maniera autentica tutte le emozioni che ti attraversano quando perdi una persona amata, e s’interrompe ogni possibilità di comunicazione, e tu non senti più niente e passi dall’apatia al pianto all’assenza al desiderio di comprensione al volere rimettere insieme i pezzettini».
Una scena su tutte, forse proprio per questo, è valsa 30 ciak, lasciando troupe, regista e produttore in lacrime. «Anna a un certo punto entra in coma e in quello spazio di aldilà a metà tra la terra e la morte per sempre re-incontra Leonardo (Lino Guanciale), e quando finalmente lo rivede tutti da casa oltre la tv si chiedono che cosa avrebbe veramente senso dirsi, a potersi riparlare per pochi minuti con una persona cara che non ci è più vicina».
Lei a suo padre che direbbe? «Che ho ripreso a disegnare e a dipingere come amava lui. “Mi hai fatto incazzare”, gli direi, “ma rimani qui, non eri nato per fare il papà, anche se io te l’ho chiesto fino alla fine, di esserlo, nella rabbia, perché non lo sapevi essere, perché eri distratto da Mozart e dai colori e ti perdevi in loro, invece di darmi presenza, protezione, autostima, regole. Io sono cresciuta tutta la vita con mia mamma, sentendomi molto sola, sempre con il coltello tra i denti. Poi però quando chi ami muore le cose brutte si rimpiccioliscono. Così, da allora, quando litigo, faccio pace presto, e prima di andare a dormire rimetto a posto le cose con una buonanotte come si deve».
È la fiducia il dono più grande che ha imparato nel tempo: «Mia mamma racconta spesso che a quattro mesi quando mi dava il biberon io prima di bere il latte facevo per assaggiarlo, per capire se era quello che mi aspettavo. Richard me l’ha insegnata, e lui è a oggi la persona di cui mi fido di più al mondo, quella che con mio figlio mi ha reso più libera. Anche di non piacere. Perché quando crei una famiglia, lì e altrove puoi pure non essere perfetta, sgarrare. Tanto alla fine ti ritrovi a ridere da sola sul letto solo perché hai loro due e li pensi». Essere incinta sul set le ha fatto venire nostalgia di un pancione? «Adesso la voglia è tornata, sì. Ma devo dire che mi piace anche molto godermi Giulio appieno, senza dovermi dividere. Raccontargli le favole, giocare al Das».