Per chi non lo conoscesse, e può succedere se non si passa il tempo su Instagram, Gianluca Vacchi è una specie di fenomeno virale. Oltre 630 mila sono i seguaci su Instagram, il social a base di foto e filmati, e 245 mila quelli su Facebook.
In questi giorni va molto una sua performance danzante in costumino rosso a bordo piscina: 2,8 milioni di visualizzazioni su Instagram; il filmato precedente, un paio di mossette a suon di lounge music sul ponte di una barca a vela, in compagnia di due avvenenti ragazze, con atletico tuffo finale, di visualizzazioni ne aveva fatte 3,7 milioni, roba da record.
Il personaggio di cui stiamo parlando è l’erede, insieme al cugino Alberto Vacchi, di un gruppo industriale di cui la società più nota è l’Ima, leader mondiale nella produzione di macchine per il confezionamento di prodotti farmaceutici, cosmetici e alimentari. Sembra un business di nicchia, ma l’azienda, quotata in Borsa, fattura 1,1 miliardi di euro. Di Ima Gianluca Vacchi possiede il 30 per cento, ha una carica da consigliere di amministrazione. Il gruppo, per il probabile sollievo di molti soci, è gestito con successo dal più tranquillo cugino Alberto, presidente e amministratore delegato, capo della Confindustria bolognese, ed ex candidato nella primavera scorsa, a un passo dalla nomina, al vertice della associazione nazionale degli industriali.
Il suo successo mediatico Gianluca Vacchi l’ha costruito sull’ostentazione del lusso e di uno stile di vita da dandy. Il suo motto è “Enjoy”: goditela. Niente di cui doversi vergognare. Ed è comprensibile che in tempi carichi preoccupazioni ed eventi funesti ci sia chi preferisce seguire sul telefonino le gesta del businessman palestrato e tatuato tra Ibiza e Miami, piuttosto che deprimersi con i telegiornali.
Ma Vacchi non si accontenta della sua reputazione di ricco esibizionista e perdigiorno. In un intervista di tre giorni fa al Corriere della Sera l’ “imprenditore e finanziere bolognese”, come viene definito dal giornalista, spiega che lui è uno che si è dato da fare con costanza e sacrifici. Non certo uno che vive di rendita.
Laureato in Economia e commercio, racconta, ha lavorato nell’azienda di famiglia fino a 29 anni e poi “per i successivi 20 anni ho avuto aziende in 12 settori diversi, comprandole e rivendendole”. Il pezzo forte della sua attività adesso sarebbe invece la GV Lifestyle, marchio di abbigliamento e bijoux. Solo che a giudicare da come vanno gli affari, forse gli sarebbe davvero convenuto vivere di rendita e non pensare ad altro.
Il grosso degli affari di Gianluca Vacchi infatti non sta nella Gv Lifestyle, che fattura appena 70 mila euro (tipo una merceria) e ne perde 7.000, stando al bilancio 2015. Sono ben più rilevanti una serie di finanziarie, alcune in liquidazione o fallite (come la Win Web Investment Network, di diritto olandese) di cui la principale è la First Investments spa, con sede a Bologna, di cui Vacchi è amministratore unico. E per questo compito si attribuisce un compenso di 600 mila euro l’anno.
La First è una holding di partecipazioni, senza dipendenti, l’attività è quella di comprare e vendere quote di aziende. Ma le società a cui partecipa sono aziende che fanno capo soprattutto allo stesso Vacchi. Le azioni della First però non sono più nella disponibilità del viveur bolognese, sono state pignorate dalla Banca popolare di Verona. L’istituto veronese nel 2008 aveva infatti prestato alla First 10,5 milioni, operazione di per sé curiosa, viste le ampie disponibilità di Vacchi. Quei soldi, che sarebbero dovuti servire a finanziare lucrativi affari nei più diversi settori, non sono mai tornati indietro alla banca: la First non è stata in grado di rimborsarli. Un credito deteriorato insomma. All’istituto veneto sono state restituite le prime due rate, per complessivi due milioni di euro, poi Vacchi ha smesso di pagare: la terza rata, per 2 milioni di euro, che era in scadenza il 31 dicembre 2015 non è stata rimborsata. E a complicare la situazione c’è che la First spa non ha grandi cespiti con cui fare fronte al debito. Niente immobili, niente partecipazioni in società che fanno profitti.
Nonostante il business della società ufficialmente sia l’acquisto di partecipazioni (per valorizzarle e poi rivenderle a un prezzo più alto) l’unico attivo di rilievo inscritto nel bilancio della società nel 2015 sono crediti per 28 milioni di euro, a favore di altre società di Vacchi.
Forse un giorno Vacchi troverà il modo di trasformare in un business la sua popolarità sui social. Ma per ora ancora non c’è riuscito. E i debiti restano.
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