Otto anni fa scompariva Alda Merini

E’ stata e continua ad essere la maggiore poetessa italiana del secondo Novecento, autrice di versi di rara intensità in equilibrio tra dolore e follia.

Nata a Milano, in una famiglia di modeste condizioni economiche, studiò pianoforte e a quindici anni esordì come autrice, scoprendo l’anno dopo quel male interiore, noto come sindrome bipolare, che l’accomunava ad altri grandi poeti del passato: da Charles Baudelaire a Lord Byron, da Francis Scott Fitzgerald a Virginia Woolf.

Dopo essere stata internata all’ospedale psichiatrico di Villa Turno, cercò disperatamente conforto nella scrittura e nel tentativo di costruirsi una vita normale, segnata da due matrimoni e tre figli. Nel 1950 vide alcune sue composizioni inserite nell’Antologia della poesia italiana 1909-1949, pubblicando tre anni dopo il suo primo volume di poesie La presenza di Orfeo.

Amica del premio Nobel Salvatore Quasimodo, conquistò nel 1993 il Premio Librex-Guggenheim “Eugenio Montale” per la Poesia, nel 1996 il “Premio Viareggio” per il volume “La vita facile” e nel 1997 il “Premio Procida-Elsa Morante”. Affetta da un tumore alle ossa, si spense all’Ospedale San Paolo di Milano, nel novembre del 2009.

Viveva in condizioni di indigenza – per scelta – tanto che i pasti quotidiani le venivano portati dai servizi sociali comunali. Ha cantato gli esclusi e ha vissuto la malattia mentale.

Negli ultimi anni il suo volto era divenuto popolare anche al pubblico televisivo. Frequenti le sue apparizioni, la voce arrochita dal fumo, parole e pensieri profondi e comprensibili. Grazie a lei, molti si erano avvicinati alla poesia.
Nata in una famiglia poco abbiente (il padre era impiegato in una compagnia di assicurazione, la madre casalinga) la Merini esordì appena quindicenne con la raccolta La presenza di Orfeo curata dall’editore Schwarz. E mentre già attirava l’attenzione della critica, incontrava difficoltà nel mondo della scuola “normale”. Venne infatti respinta quando tentò di entrare al liceo Manzoni poiché – dissero – non era stata sufficiente nella prova d’italiano.

Da quel momento ha vissuto al confine tra il riconoscimento della sua eccezionale capacità poetica e la malattia mentale, che nel 1947 la portò al ricovero, per un mese, nella clinica Villa Turro, a Milano. Lei stessa ne ha sempre parlato e scritto definendo la sua sofferenza come “ombre della mente”. Con le quali, nel tempo, ha saputo convivere. Il dolore l’ha aiutata a scandagliare l’animo umano.

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